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lunedì 23 dicembre 2013

I soliti sospetti (Bryan Singer, 1995)

Fin dalle prime inquadrature, I soliti sospetti si presenta come un film particolare. La trama racconta una storia di alcuni criminali, anche se in realtà è una metafora del processo stesso di creare e raccontare storie. A volte etichettato come “neo-noir”. lo si può anche considerare un film puzzle, che costringe gli spettatori a rivederlo ancora una volta dopo aver assistito al celebre finale. La pellicola segue una struttura non lineare ed è raccontato in gran parte tramite i flashback di “Verbal” Kint (Spacey), un artista della truffa e membro di una gang che, interrogato dall’investigatore Dave Kujan (Palminteri), rivela le recenti attività della sua banda. Questa cornice racchiude al suo interno una storia complessa e intricata.

Il film, premio oscar per la Miglior sceneggiatura a Christopher McQuarrie, esplora in modo ambiguo la questione dell’identità. Chi è Kayser Soze? È questa la domanda a cui Kujan cerca di rispondere con l’aiuto di Kint. Soze sembra una specie di spauracchio che affascina i criminali: una figura oscura in grado di manipolare tutti come pedine, un capo così enigmatico e potente da non poter essere reale. Forse Soze è in realtà Keaton (Byrne), il capo della gang di Kint, messo assieme ad altri delinquenti in un classico riconoscimento all’americana con cui forma i “soliti sospetti” del titolo. Il film inganna lo spettatore con alcuni trucchetti, ad esempio, a un certo punto il viso di Byrne viene profeticamente illuminato in rosso mentre il ladruncolo Arturo Marquez (Guerra) urla che Kayser Soze è proprio lì sulla barca.

Jeff Rain (Hedaya), osservando il caos del suo ufficio, afferma: “È un caos sistematico, non ci capisci niente a guardarlo così. Devi guardarlo da una certa distanza”. La battuta riassume in poche righe l’intero film e ammicca allo spettatore, destando in lui il sospetto che ci sia una storia dentro la storia. Il fluido montaggio di John Ottman e la regia di Singer conducono con sicurezza il film fino all’epifania di Kujan, sottolineata dal ralenti di una tazza da caffè che va in frantumi, e al lapidario finale perfettamente calibrato nei tempi con un montaggio parallelo che si dissolve in nero sulle ultime parole. Come l’investigatore Kujan, anche lo spettatore deve farsi da parte. Soze è descritto sullo schermo come un gangster stereotipato, dai capelli lunghi e con il lungo impermeabile, capace di accendersi una sigaretta mentre prende la mira con la pistola. Ma l’iconografia del film di genere a volte inganna e ne I soliti sospetti, in un batter d’occhi, tutte le nostre certezze saltano per aria.

Titolo Originale: THE USUAL SUSPECT Regia: Bryan Singer Interpreti: Kevin Spacey, Stephen Baldwin, Gabriel Byrne, Benicio Del Toro, Kevin Pollak, Chazz Palminteri Durata: h 1.46 Nazionalità: USA 1995


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